Ricordo di Michou

Inutile dire che sono emozionato.

Sono anche consapevole che altri dei presenti sono più adatti di me a ricordare Michou Cattan. Claude Cattan, la donna che è stata nostra collega, e per questo la ricordiamo qui all’Isfol, nostra amica, compagna nelle lotte per la democrazia, amica più di  una sorella rappresentando per molti di noi  quella vicinanza che tante e troppe volte noi non troviamo, pur cercandola, nei propri famigliari.
Michou ha condiviso con noi trent’anni di vita.
Trent’anni di lavoro, trent’anni di ricerca di soluzioni per rendere più dignitoso il nostro modo di essere “cittadini”.
Michou era profondamente francese, almeno nel senso di quella Francia che ha fatto la rivoluzione in nome della cittadinanza universale. Per lei tutte le persone che avvicinava, i ministri come gli uscieri, erano degni dello stesso rispetto e della stessa considerazione. Considerazione che poteva essere scarsa, come succedeva spesso in un epoca nella quale troppe volte i potenti si sono dimostrati, anche quelli che lei considerava essere “dalla parte giusta”, politicamente parlando, inetti o troppo disponibili ai compromessi. Era francese anche di spirito ma non capiva come noi ci facessimo prendere dall’incantamento per la Francia, e per Parigi. Noi eravamo entusiasti delle cose “francesi” di cui lei parlava e che a molti di noi ha anche insegnato  a conoscere sul posto, con l’aiuto di Genevieve, la sorella e dei nipoti che abbiamo visto spesso anche qui a Roma. Lei ci metteva in guardia e ci ricordava che non c’è parigino senza il suo senso della “grandeur” e lei quella spocchia non la sopportava proprio.
Era pienamente italiana come noi, viveva qui come noi,  amava questa città, questa terra e questa gente. Si era integrata meglio di tanti di noi arrivati a Roma dal Sud, o, più raramente per la città di  Roma ma, stranamente,  non per l’Isfol, dalle città del “profondo”  Nord.
Era entrata all’Isfol nei primi mesi del 1974, tra i primi scelti per dar vita a questo Istituto “moderno e riformista”, voluto dai socialisti, quelli  che avevano promosso lo Statuto dei Lavoratori e che lei aveva conosciuto. Aveva una laurea strana per l’Italia di allora, tanto da non sapere come classificarla.
Ha iniziato a fare quello che per i primi mesi del 1974 e per molti anche per i primi anni di vita dell’Istituto era quello che facevano tutti, ovvero di tutto.
La formazione, l’animazione, l’assistenza tecnica,  il coordinamento di gruppi, la ricerca, la redazione di documenti e  le traduzioni e le lettere in francese.
Penso che nessuno possa mettere in dubbio il fatto che una caratteristica l’ha distinta sino al momento di andarsene dall’Isfol: la sua duttilità ma  soprattutto la sua immensa disponibilità. Quando si trovava di fronte ad una difficoltà dialogava con gli altri o magari con le “altre”, le colleghe e consapevole dei propri limiti si rimetteva al giudizio e al contributo di chi reputava più competente e più preparato di lei in quel determinato campo.
Aveva fiducia nei giovani e in generale nelle giovani generazioni, sapeva che anche dentro il nostro posto di lavoro i giovani, i precari sono le nostre risorse, il nostro futuro, ed era preoccupata..
Quando nel novembre del 1974 è nato all’Isfol il primo sindacato e io sono stato scelto quale segretario della CGIL Michou è sempre stata tra quelli che hanno partecipato attivamente alle nostre attività e poi, dall’inizio degli anni 80 per 15 lunghi anni, la CGIL dell’Isfol ha avuto la voce e l’immagine di Claude Cattan.
Si è battuta per un Istituto serio, aperto, prestigioso, che cerca il risultato con una attività espressamente definibile come  utile sussidio soprattutto per gli operatori impegnati nei servizi da erogare ai disoccupati, alle donne e alle persone con problemi.
Ha sofferto per anni non trovando le risposte che cercava, per lei e per noi.
Si è scontrata con i limiti del governo della cosa pubblica. Si è scontrata con la miopia di chi non ha creduto e non crede nell’investimento nelle risorse umane. Ha visto quanto è difficile promuovere una iniziativa seria anche quando le scelte politiche sono già state fatte in modo positivo, come nel caso del suo impegno , durato anni, in favore delle pari opportunità..
Ha dovuto combattere per anni per affermare il valore di alcune importanti priorità nelle policies nazionali,  priorità che vedeva avvertite magari più a Bruxelles che a Roma e gestite talvolta con troppa sufficienza e superficialità.
Sto parlando di Michou collega dell’Isfol.
Una collega che era presente al matrimonio mio e di Rita in Campidoglio nel giugno del 1981. Allora eravamo colleghi e amici.
Era facile esserlo.
Per me lo era, così come accadeva per tutti noi, o quasi per tutti.
Se guardo le foto scattate in quegli anni vedo  colleghe e colleghi dalle buffe acconciature che sono disponibili anche allo sberleffo, allo sguardo divertito, più raramente ironico.
Se competizione c’era in quegli anni ’80 certo non si arrivava allo scontro, a volte nemmeno si avvertiva tra i colleghi e in genere si gestivano i rapporti evitando di rimanerne schiacciati.

A Michou credo non sia mai piaciuta la concorrenza sfrenata che si è scatenata a un certo punto in Istituto. Non le piaceva il modo di sovvertire i valori, di definire i parametri del metodo di valutazione, il modo di scegliere le unità di misura in grado di valorizzare  più l’immagine e il linguaggio che l’utilità dell’opera svolta.
Credo che questo fosse un cruccio che l’ha segnata negli ultimi anni di lavoro prima del ritiro. Il fatto, cioè, di trovarsi in un ambiente dove alla cooperazione e allo scambio collaborativi si stava sostituendo la competizione più spinta.
Lei a questo Istituto ha dato tanto, trent’anni della sua vita sempre con l’atteggiamento di chi opera per creare  valore per la collettività. Mai lo ha fatto per sé. Lei, Michou la “francese”, ha rappresentato per trent’anni un simbolo di dedizione al nostro istituto “italiano”. “Civil servant”, come dicono gli inglesi.
Anche nelle difficoltà, anche quando non era d’accordo sulle scelte gestionali che riguardavano lei o il suo ambito di attività,  non ha mai smesso di essere presente nel lavoro e nei momenti importanti della vita politica e sindacale con il suo contributo, il suo pensiero e le sue battute.
La sua è stata per trent’anni una presenza.
Una realtà palpabile che superava la dimensione lavorativa. E’ stata vicina ai tanti colleghi e colleghe che hanno sofferto prima di lei lutti importanti. Per anni ha parlato con tutti e si è fatta carico dei problemi degli altri.
Adesso che Michou e le sue ceneri sono una cosa sola, possiamo solo portarla, se ne siamo capaci, nel nostro cuore. Così, come a lei sarebbe piaciuto.

                             FF
                        5 gennaio 2006