l’Università e la Formazione Continua

Un Paese ha sta riuscendo, pur con fatica, ad aumentare il numero e quindi la percentuale relativa di giovani in possesso del titolo della scuola secondaria superiore ha la necessità di poter contare sulle risorse progettuali, umane, intellettuali e organizzative di una Università rinnovata al servizio dei cittadini adulti  e dei lavoratori.
La riforma universitaria è per tutti espressione di una volontà contradditoria ed è stata promossa e realizzata in un contesto certamente non favorevole. Una riforma che ha cercato di allineare il sistema italiano ai modelli presenti in altri paesi senza  troppo preoccuparsi di analizzare le necessità del nostro paese. Ho fatto parte per tre anni del Nucleo di Valutazione e della Didattica e della Ricerca dell’Ateneo La Sapienza di Roma nel momento del passaggio al cosiddetto “3+2” e sono stato testimone della incapacità e della “incompetenza” progettuale delle nostre università. Ne sono rimasto colpito.
Noi abbiamo bisogno di migliorare la prima formazione ma abbiamo certamente l’esigenza di aprire l’Università ai soggetti già occupati.
Mi sembra strano che non sia ancora partita una campagna di massa per far entrare in primo luogo i diplomati nelle nostre Università, non tanto per acquisire un titolo universitario, una laurea, quanto per apprendere quanto di utile per migliorare la propria condizione umana e lavorativa.
C’è una martellante campagna pubblicitaria che parla della riforma universitaria  come della riforma che dà la possibilità di “laureare la vostra esperienza”, credo che proponga un messaggio sbagliato: l’Italia non ha bisogno di più laureati, il paese ha bisogno di cultura di alto profilo, di profilo  universitario, diffusa ovunque, anche nei settori più tradizionali.
Per realizzare questo obiettivo occorre ripensare al ruolo stesso che l’Università deve giocare nella nostra società.
Quella che pensiamo debba essere una “società basata sulla conoscenza”.